– Mamma, quanti minuti ci sono nella clessidra?
– 2. Spazzola bene finché non finisce.
– Mamma, io lo so cosa viene dopo il nanosecondo!
– Ah sì?
– Il secondo! E poi il minuto, e poi l’ora, e poi il giorno e la notte. E poi… Cosa viene dopo, mamma? Il metro? No il metro no, è quello del righello. Allora il chilometro forse? Ah no! La settimana, poi il mese, poi l’anno… E poi?
– Poi una cosa difficile che si chiama lustro. E il decennio, e il secolo.
– Ah, sì! Quello dei monumenti! E della nonna Gina! E dopo il secolo viene il millennio. E poi?
– Spazzola bene, ancora un minuto!
– Ah lo so, lo so! Dopo viene l’eternità!
…
– E quella come si misura mamma?
Bimbo mio, so che alla sera della vita saremo misurati sull’amore. Tutto il resto buttato via senza rimpianto. Nella discarica delle cose inutili accumulate serialmente per non sentire il vuoto. So pure che l’amore è impossibile da accatastare, perché a farne scorte marcisce e a sprecarlo invece trabocca. So che è sempre mischiato a terra e fango e che spremuto nel dolore fa miracoli.
So che la vita non si misura in anni, perciò non esiste un tempo sprecato. In una relazione sbagliata, nel desiderio bruciante di figli che non arrivano, in una malattia che ti costringe a star fermo in attesa della fine, nei soliti difetti che ci atterrano, nelle mille cose che non capiamo e ci incaponiamo a voler capire.
Che la vita non è lunga ma profonda, e più la tieni stretta più si attorciglia e si ingarbuglia. Io che mi aggrappo ai miei giorni contando i weekend, i ponti e le ferie, infilando crocette che sbiadiranno al tramonto, scrutando il meteo. Che bello non sapere quanto tempo ci resta.
E scoprire d’un tratto, come un’intuizione di pace:
che anche allora, quando giravamo a vuoto, eravamo vicinissimi alla meta.
che anche allora, quando battevamo i pugni cercando un senso, anzi proprio allora, eravamo stretti in un abbraccio.