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Senza parole

Stanotte ho dormito poco e male.
Troppe parole mi cozzano nella testa, su quella villetta di mattoncini a un passo da qui. Le villette che alla domenica senti frugare nel cassetto delle posate, l’odore della griglia, il tagliaerba, i panni stesi.
Troppe, davvero troppe le parole, per difenderci dalle storie che ci fanno paura. Abbasso il volume della radio, quando si accanisce sui dettagli. Nella testa dei bambini fanno presto a diventare immagini e col buio incubi. Non è solo curiosità morbosa della gente (la gente siamo noi): è tentativo di esorcizzare, di dare un senso, di tenere a bada, di stringersi a vicenda anche. Hai saputo? Terribile. Non ci sono parole.

Qualcuno le parole deve trovarle. Davanti a quel muro di silenzio, a quelle reazioni strane, a quel pianto che stenta a uscire. Mamme e papà che come me questa notte hanno dormito poco e male. Forse si sono alzati a controllare che il sonno fosse tranquillo, e il respiro regolare. Che non ci fossero paure annidate negli angoli. Hanno cercato le parole giuste, o stanno aspettando in silenzio le domande. Perché era un compagno di classe, di giochi, di squadra. Facevano la strada insieme.  

Quando la sveglia suona mi resta una parola sulla lingua. Getta sul Signore il tuo affanno.
Quel peso sul cuore, quel fardello che ti toglie il respiro, quella domanda che ti trascini appresso come un mulo da soma. Non perdere tempo a cercare risposte, a scrollare notizie, a indagare il perché e il per come, a voler dire la tua, a mettere insieme i pezzi. Gettalo altrove il tuo affanno, lascia che un Altro lo custodisca.
Lascia che un Altro trovi per te le parole.

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