La proprietà commutativa dell’algebra (se in un’addizione si cambia l’ordine degli addendi il risultato non cambia) non funziona affatto nella semantica, dove invece l’ordine delle parole è molto più suscettibile.*
p.e. Una cosa è dire: A buttare la spazzatura, ci pensi tu. Un’altra: Ci pensi tu, a buttare la spazzatura. (Ma il risultato poi è lo stesso, che la butto io.)
** {Mio marito è un sistema binario: che ci vuole?/che problema c’è? Io ho studiato Lettere classiche, e già prima avevo nel cervello frotte di scimmie urlatrici. [Tenerle a bada tutta la settimana è una tale fatica che, se al sabato sera bisogna ordinare la pizza, non ci provo nemmeno a leggere l’elenco e dico Margherita; lui invece si studia famelico tutti e 100 i gusti e alla fine s’inventa il 101 (è un dispendio differenziato delle energie in dotazione, io credo)]}.
c.v.d. prima di ** (tentativo fallimentare di chiarire certe dinamiche di coppia), l’ordine delle parole è determinante nella nostra narrazione quotidiana: cambiare l’ordine significa ribaltare un punto di vista. Soprattutto se ci si mette di mezzo un MA o un dispettosissimo PERÒ. ***
E così sono anni ormai che mi alleno a ribaltare le frasi (e i bicchieri).
Esempio:
Simpaticissima… PERÒ che caratteraccio! Che caratteraccio… PERÒ simpaticissima!
Ce l’ho fatta, MA che fatica! Che fatica, MA ce l’ho fatta!
A volte davvero è solo una questione di punti di vista. E a pensar bene non si sbaglia mai.
(A pensar male si fa peccato MA quasi sempre ci si indovina. Quasi sempre ci si indovina, MA a pensar male si fa peccato. )
* Se vuoi prendere la scorciatoia e aggirare lo sproloquio, tira il dado e salta direttamente al post successivo.
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