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La creatura è domanda

E insomma, ahimè, siamo dannatamente egocentrici. Ripiegati sul nostro ombelico, chiamiamo diritti i desideri e desideri i capricci, pestiamo i piedi finché non ci danno ragione. Se non fossimo politicamente corretti ci prenderemmo a morsi. Si scatenerebbe di nuovo il diluvio e stavolta si salverebbero solo i due liocorni.

Eppure certe volte siamo costretti a decidere. Proprio noi, così di parte lunatici egoisti ecceteraeccetera.
Stasera cotoletta, per quanto adori i carboidrati. Blu, perché si sporca meno. Vacanze in montagna, anche se sicuro piove. Tu in mezzo a tanti, sperando che duri.
Sulla vita degli altri siamo più cauti, specie se in germoglio. Meglio un padre violento o due padri apprensivi? Una coppia per bene o una ragazzina che non sa badare a se stessa? Un futuro promettente o una vita di stenti? Un albero genealogico monco o un’eredità pesante?
Suonano ingiuste e snervanti, eppure quanto sono umane certe lungaggini… Adozioni più rapide! dicono. Giustizia immediata! Ma è la vita del tuo fratello, mica la tua, e quanto vorresti non aver tu l’ultima parola.   

Mettiti una mano sul cuore, dicevano i vecchi.
Domanda, domanda anche allora, tornando creatura.
Domanda e attendi, senza cercare scorciatoie, senza forzare le stagioni.
Fai un passo indietro. Non colorare di giallo le banane ancora verdi. Non andare alle Maldive d’inverno. Non tirare il fiore che non sboccia.
Farà freddo lì fuori? Si domanda la creatura. Che sapore avranno le ciliegie? Perché il mio singhiozzo la fa così ridere? Domande semplici, che tanto al resto ci pensano mamma e papà.
Perciò cresce, si stiracchia, lascia fare.
Lì dentro qualcuno lo tiene in vita. Lì fuori qualcuno gli presta la voce.

Succede persino che i grandi ritornino bambini.
Ricordandosi che tutto è dato.

Bisogna, alle cose,
lasciare la propria quieta, indisturbata evoluzione
che viene dal loro interno
e che da niente può essere forzata o accelerata.
Tutto è: portare a compimento la gestazione – e poi dare alla luce …

Maturare come un albero
che non forza i suoi succhi
e tranquillo se ne sta nelle tempeste
di primavera, e non teme che non possa arrivare l’estate.

Eccome se arriva!
Ma arriva soltanto per chi è paziente
e vive come se davanti avesse l’eternità,
spensierato, tranquillo e aperto …

Bisogna avere pazienza
verso le irresolutezze del cuore
e cercare di amare le domande stesse
come stanze chiuse a chiave e come libri
che sono scritti in una lingua che proprio non sappiamo.

Si tratta di vivere ogni cosa.
Quando si vivono le domande,
forse, piano piano, si finisce,
senza accorgersene,
col vivere dentro alle risposte
celate in un giorno che non sappiamo.

Rainer Maria Rilke, 1903

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