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Il mio sogno proibito: una doccia con calma

Mio marito mi prende in giro perché al sabato mattina mi sveglio dicendo “Adesso la mamma va a fare la doccia” e dopo tre ore mi ritrova che vago per casa ancora in pigiama. Ora. Io non vado alla Spa sotto casa a farmi dei massaggi thailandesi; la mia doccia dura tre minuti tre, compresi deodorante e crema viso (tutto il resto: bei tempi!). Succede semplicemente che al sabato mattina i bimbi si sveglino prima di me (anomalia inspiegabile ma a quanto so diffusa nelle famiglie italiane) e io m’illuda di poter fare una doccia con calma dopo il sorgere del sole. Sempre tre minuti tre, badate, ma magari con tutti i figli fuori dalla porta e nessuno che ti frega l’acqua calda.

È il mio sogno proibito del sabato mattina. Perciò, per guadagnarmi quei tre minuti tre di doccia con calma, mi aggiro per casa in pigiama anticipando qualunque bisogno impellente possa venir fuori nei tre minuti tre della mia doccia con calma: vestiti pronti sul letto di ognuno, vestiti di ricambio nel caso fossero cresciuti nottetempo o nel mentre cambiasse stagione, dentifricio sugli spazzolini, pannolini sul fasciatoio, svariati generi di conforto, compiti se mai gli venisse voglia, matite temperate non sia mai che avessero un pretesto per cambiare idea, ciucci bene in vista, cose troppo in alto tutte a portata di mano, istruzioni di sopravvivenza per il marito, lavatrice e asciugatrice impostate sulla base di coincidenze astrali ecc ecc.
Niente, sta doccia con calma non sono ancora riuscita a farla. Dal 2013.

In realtà, rovistando nel mio cassetto dei sogni proibiti, mi sono resa conto che – a parte la doccia con calma – sono tutte cinesate. Più che altro a) cose folli e illegali, che probabilmente non avrei nemmeno il coraggio di fare; b) cose idiote, che ormai poco si addicono all’età e al buon gusto; c) cose finite lì per caso. Per esempio potrei cestinare lo shopping. Io ODIO fare shopping, mi stufo dopo due vetrine, la parola SALDI mi fa orrore e nei camerini mi viene la claustrofobia. Mi piaceva un sacco quando ero al liceo e con le mie amiche ce ne andavamo a fare lo struscio in viale Libia, ma dal 2013 è una tortura. E allora perché è ancora lì nel cassetto dei sogni? Semplicemente perché, come un sacco di altre cose, è proibito.  

Proietto sul weekend tutto quello che in settimana non trova spazio. Sull’estate tutto ciò che è infattibile con il freddo e la pioggia. Evidenzio sul calendario super ponti e immagino di fare viaggi impossibili in 3 giorni ma anche in 3 mesi. Quando finalmente tutti saranno a nanna, quando finalmente ci sarà un minuto di silenzio in questa casa, quando finalmente riuscirò a sedermi sul divano. Sostanzialmente m’immagino dei non-luoghi privi di limiti, paletti e ostacoli, dove non esistono freddo e caldo, fame e sete, orari, scadenze, nasi che colano, INPS e forza di gravità. Non-luoghi in cui io, finalmente libera da qualunque limite, potrò fare esattamente quel che mi pare.

Evidentemente ho un problema con i limiti, con i margini, con i confini. Con i “no” che la vita dice generosamente a tutti i mortali. Ma soprattutto con i miei, di limiti.

Stavo dicendo…

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