Mio marito l’8 marzo manco sa cos’è.
A me le mimose piacciono sugli alberi, ma recise cambiano colore, si polverizzano e fanno starnutire.
Al nostro primo appuntamento ho messo in chiaro che ognuno si sarebbe pagato il suo caffè, visto che entrambi percepivamo uno stipendio, annientando così ogni sua velleità romantica. D’altronde il romanticismo è tradizionalmente sessista e immagino che prima o poi dichiareranno illegali cose tipo cedere il passo, regalare anelli di fidanzamento o pagare il conto. A rigor di logica elimineranno l’8 marzo.
In realtà la nostra coppia è irrimediabilmente tradizionalista: lui fa i conti, va da Leroy Merlin e gioca con i Lego, io faccio tutto il resto. E la cosa, vi dirò, non mi dispiace. Preferisco partorire che andare alle riunioni condominiali. Però in certe giornate, tipo ieri, mi sento un po’ suffragetta e col pretesto del mignolino incagliato inizio a sbraitare sull’annosa questione della spalla.
No, dico, non bisognerebbe nemmeno parlarne, dovrebbe essere intuitivo in una coppia.
Se, al sopraggiungere della più terribile catastrofe ambientale, LUI può tranquillamente rispondere “Sono in call”, è perché IO gli faccio da spalla. Se la campanella di scuola sta per suonare, un figlio si sta lanciando dal seggiolino, a quell’altro gli scappa la pipì, una ha una crisi isterica perché non trova le sue penne profumate e corri mamma perché non ho capito cos’ha scritto la maestra in chat… per me non c’è call che tenga. È un dato di fatto.
Ma anch’io certe volte vorrei che LUI mi facesse da spalla!!! Vorrei potermene stare tranquilla perché qualcuno ci sta già pensando per me. Non guardare l’orologio e strizzare le cose in un nano secondo perché sono già in ritardo sul prossimo incastro. Rilassarmi un attimo che tanto non è affar mio. Insomma, il bello della spalla è proprio trovarla lì quando ti serve, potertici appoggiare se stai traballando sui tacchi.
Questa storia della spalla è un tale cliché nelle nostre litigate che ormai lui mi suggerisce le battute se mi s’ingarbuglia un pensiero. Funziona così: io sbraito per 15 minuti buoni comprese le interruzioni della prole, lui se ne sta lì ad ascoltare inerme il mio sbraitare, poi per galateo accenna timidamente una soluzione (“vuoi che sbraitiamo insieme?”), io minaccio di inserirlo nelle chat scolastiche dei figli e alla fine gli sbatto la porta in faccia dicendogli “Arrangiati per 10 minuti, vediamo come te la cavi!”
Il giorno dopo realizzo che se posso sbraitare tranquillamente per 15 minuti buoni e dopo 10 minuti sedermi a tavola come se nulla fosse e il giorno dopo sbraitare di nuovo pur sapendo come andrà a finire è perché questo pover’uomo da quasi 9 anni mi fa da spalla e nonostante tutto mica mi molla.
Perciò oggi gli compro del sushi per pranzo. È il massimo del mio romanticismo e so che lo apprezzerà più delle mimose.