Ho resistito fino all’ultimo.
Ho fatto cose pulito casa aperto e chiuso il frigo mandato lavatrici risposto alle mail archiviato contratti accoppiato calzini raccolto briciole e minuscoli lego. Ho riempito tutti i buchi perché la nostalgia non dilagasse. Non ho voluto sapere della casa nuova, delle valigie, degli scatoloni, del fuso. Segna come letto, ignora, spam, barricata.
Poi mi sono imbattuta in questa amica, e il cuore ha ceduto. Solo una piccola crepa. E finalmente ho pianto.
Ho sempre desiderato avere un cane.
La nostalgia è una roba seria. Ci ricorda che siamo tutti dannatamente vivi, e fragili, e bisognosi.
Che le persone tradiscono, deludono, partono, cambiano, si dimenticano, muoiono.
E se le abbiamo fatte annidare nel cuore, lo strappo fa male, tanto.
Eppure non possiamo farne a meno, di questi fratelli di fango.
Mi siedo, mi arrendo, mi scaldo un tè. Me ne resto lì facendomi attraversare. Mescolo sottopelle la tristezza di tanti abbandoni, le ossa rotte, il tempo che non lenisce, l’ennesimo strappo. C’è una piccola me da consolare. Le ricordo la gioia sottile di sentirsi viva, in un corpo che sente.
Resta sul fondo un po’ di zucchero sciolto.
E la parola RITORNO, che fa rima con CASA.
Fino a oggi nessuno ha veduto gli uccelli migratori dirigersi verso sfere più calde che non esistono, o i fiumi dirottare attraverso rocce e pianure per correre in un oceano che non può essere trovato. Perché Dio non crea un desiderio o una speranza senza aver pronta una realtà che la esaudisca. Il nostro desiderio è la nostra certezza e beati siano i nostalgici, perché torneranno a casa. (Karen Blixen, Capricci del destino)