Mentre chiudo la porta della saletta blu, dopo aver sussurrato un grazie alle maestre e una preghiera al buon Dio perché Babi stavolta azzecchi la scarpa giusta e non scoppi la terza guerra mondiale, sento la maestra Roby, alle prese con una costruzione che non vuole stare in piedi e con un bambino molto arrabbiato: “Eh, d’altronde non possiamo fare miracoli…” “Cosa sono i miracoli?” “I miracoli sono delle cose impossibili.”
Sulla strada verso casa conto una decina di miracoli silenziosi: il temporale estivo che ci sembra un gioco, la bidella che mi presta un ombrello, il passaggio a livello aperto, l’incontro con il vicino di casa che ci offre la merenda, i soliti capricci che oggi non mi fanno uscire di testa, il wa di un’amica, un fiore nella crepa dell’asfalto, le forme strane delle nuvole, l’idea di un altro libro da mettere in valigia…
Poi ripenso ai miracoli che mi hanno abitato il cuore negli ultimi 30 anni: una sorella speciale che non mi assomiglia, la fantasia in cui rifugiarsi per vincere la paura, la decisione a 14 anni di pagare sempre e comunque il biglietto dell’autobus, la sete prepotente di giustizia e di gentilezza, ricominciare da zero dopo tanti sbagli, innamorarsi quando ormai credevo fosse troppo tardi, stupirsi in un giorno qualunque, perdonare chi non ha chiesto scusa, lasciare che le cose vadano come devono andare, progettare insieme un altro viaggio e un’altra casa, mettere al mondo un figlio, nutrire la speranza nonostante tutto, svegliarsi di notte e trovarti accanto, restare fedeli, amare i difetti – persino i miei –, fidarsi del futuro, andare in montagna senza guardare il meteo. Voltarsi indietro e dire grazie.
Cose impossibili se dipendesse solo da me.
Una storia di miracoli se solo ci credo.