Meravigliosa intervista a Gemma, vedova del commissario Calabresi. In un’epoca in cui lo sport nazionale più praticato è urlarsi in faccia e darsele di santa ragione, smentendo così il principio sacrosanto che ci vorrebbe tutti parimenti degni di rispetto (troppo rischioso dichiararci fratelli?), questa donna ci racconta di una memoria con le gambe, di una vita che sente sua e che risceglierebbe, di un perdono affidato a un Altro perché dono e non conquista, di un cammino personale che ha bisogno di un tempo lento, di un tempo non tuo. E anche di un’Italia diversa, che fa meno rumore.
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